Educare è amare
Quando si parla di bambini, si parla di persone: persone dal momento del concepimento, persone lungo tutta la gravidanza, persone al momento della nascita, persone lungo tutte le tappe evolutive che accompagnano ciascuno sino al raggiungimento della condizione di “donne” o di “uomini” adulti e così lungo tutta la vita e così sino alla fine.
Può sembrare una sottolineatura inutile o forzata, è invece un’affermazione dovuta perché chiarire questo concetto significa assumere atteggiamenti e comportamenti diversi nei vari momenti dello sviluppo e della cresita. Quando una coppia aspetta un figlio, durante i lunghi mesi della gestazione, sogna, immagina quel figlio che dovrà possedere gli occhi azzurri, i capelli neri, che dovrà amare la musica e diventare un ingegnere, una biologa di successo, oppure un campione del calcio, che dovrà essere una bellissima donna o un uomo affascinante.
Al momento della nascita invece quella persona si presenterà avendo caratteristiche, geni, assolutamente diversi, con punti deboli e punti forti, con pregi e difetti, ma DIVERSA. Il rischio per la nuova creatura sarà quello di continuare ad essere vista e trattata come è stata immaginata: in sostanza non essere accattata per quello che “è”.
A noi è affidato il compito di accettarla, di valorizzarne tutto il potenziale che le è stato donato e che noi andremo via via scoprendo durante l’affascinate lavoro educativo. Alla persona vanno riconosciuti innanzitutto la sua dignità, il diritto di essere e di sentirsi accettata e amata, il diritto di essere educata, formata per essere libera.
La Persona bambino è fortemente e naturalmente spinta verso la trascendenza e se aiutata dall’educatore, può iniziare un percorso verso la perfezione, lottando contro la zavorra delle debolezze umane. Sul piano del rapporto educativo, sia da parte della famiglia che della scuola, il concetto di unicità di ciascuno deve portare la massimo rispetto nei confronti dell’educando, un rispetto che tenga conto della sua dignità a prescindere dalle qualità, dalle abilità, dalle soddisfazioni con cui gratifica l’educatore.
Troppo spesso gli educatori non usano esaminare il proprio operato in questo senso. Chi educa deve collaborare al pieno raggiungimento della formazione della persona, senza però sostituirsi a lei nella sua realizzazione. Mai come in questo periodo il problema dell’educare ha riempito le pagine di libri e di riviste, ha fornito argomenti per palinsesti televisivi, per dibattiti nei circoli culturali, nelle parrocchie, nelle sale comunali, negli istituti scolastici. Mai come in questo periodo al momento di passare dalla teoria alla pratica, genitori e professionisti dell’educazione si sono rimbalzati responsabilità che nessuno vuole più assumersi, aspettando risultati miracolosi e rifiutando l’impegno quotidiano, costante, in risposta al bisogno della Persona da educare.
Conoscere, seminare, incoraggiare, correggere, potenziare, amare, sono i verbi che ogni educatore ha la fortuna ed il dovere di coniugare al presente e al futuro, con senso di fiducia e lungimiranza. La “cultura” di oggi non promuove questa consapevolezza e la maggior parte degli educatori, genitori e insegnanti, vive combattendo contro qualcuno o qualcosa perché non sa lavorare per qualcuno o qualcosa. Vive disperdendo pensieri ed energie contro ciò che definisce pregiudizi, conservatorismo, mancanza di larghe vedute e pretende di parlare di valori.
Non sa che quando ha tra le mani un neonato, un bambino, ha tra le mani il mondo con la possibilità di cambiarlo, di migliorarlo, lavorando, faticando, educando ogni singola Persona, unica e irripetibile, con coraggio ed allegria.
Un progetto educativo per ogni figlio e ogni alunno, basato sulla centralità della Persona esige competenza professionale, ma soprattutto sensibilità, passione e vocazione per la mission.
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