gita

Care mamme,

all’inizio dell’anno scolastico ho firmato un documento che avrebbe autorizzato mio figlio a partecipare alle eventuali gite che si sarebbero tenute durante l’anno.

Ne erano previste due in primavera. Una all’Oasi del Fontanile nel nostro paese. La seconda, invece, si sarebbe svolta alla Cascina Cortenuova a Trucazzano, non molto distante da dove abitiamo ma raggiungibile solo col pullman.

Alla prima gita non è riuscito a partecipare causa bronchite. Alla seconda quasi non ci speravo, perché nel suo istituto stava circolando la varicella e la sua classe non era stata di certo risparmiata, anzi, era quasi decimata. Quando l’accompagnavo la mattina mancava ogni volta un bambino ed io ormai rassegnata facevo il conto alla rovescia. Vivevo nell’attesa della comparsa delle prime pustole ed invece….niente! Da non crederci, il più cagionevole era uno tra gli “highlander”.

Diciotto maggio, giorno della gita, da mamma ero felice ma non nego una piccola percentuale di preoccupazione, ma credo che sia del tutto normale. Non tanto per il fatto che prendesse il pullman, per quello ero trepidante per lui, più che altro avevo paura che non ubbidisse alle maestre perché troppo emozionato e di facile distrazione.

Preoccupazioni a parte, la sveglia è suonata alle 7 precise, alle 8.00 eravamo già davanti a scuola. Dopo l’appello gli hanno consegnato un cartellino di riconoscimento con la foto e nome dell’istituto da infilare come collana e dato loro un cappellino in regalo per ripararli dal sole.
Dopo un saluto, con tanto d’immenso abbraccio, raggiungo le altre mamme fuori che erano già pronte a filmare con il loro cellulare.
Foto, video in tutte le angolazioni. I bambini si dirigevano verso il pullman in fila per due tenendosi per mano, mentre con l’altra si erano aggrappati alla maglietta del loro dirimpettaio.
Erano tenerissimi, tutti orgogliosi, si sentivano dei bimbi grandi, dei giganti nel loro metro d’altezza. In maniera ordinata sono saliti sul pullman per prendere posto e per rifare l’appello. Ci siamo salutati attraverso il finestrino e via, pronti a partire. Tutti i bambini così emozionati, sorridenti. Una gioia per il cuore.

Mamme che invece piangevano, altre che non sapevano se avessero fatto bene, altre ancora che erano già andate via ed io invece, ero lì a guardare la targa del pulmino giallo diventare sempre più piccola fin quando non ha svoltato l’angolo.
Mi ero resa conto di avere gli occhi lucidi e sorridevo perché solo in quel momento ho capito che il mio bambino, giorno dopo giorno, stava diventando sempre più grande. Stava vivendo una bellissima esperienza e acquistando sicurezza. Ero orgogliosa di come avesse reagito e che non avesse pianto. Aveva semplicemente uno splendido sorriso e i suoi occhi erano così luminosi.

Da quando frequentava il nido gli ho sempre detto una frase fino alla nausea…”La mamma torna…” e lui la terminava con “SEMPRE”! Ogni volta che lo salutavo la mattina, dopo l’abbraccio e il bacio glielo sussurravo all’orecchio e questo forse, in qualche piccolo modo, lo tranquillizzava.
Ovunque io possa lasciarlo (in mani sicure) lui sa che tanto la sua mamma torna sempre.

Alle 16.00, all’uscita della scuola, ho aspettato e preso il mio piccolo terremoto che mi ha travolto di parole come un fiume in piena, la logorrea l’aveva praticamente investito o meglio, aveva investito me.
Mucche, vitelli, fieno, pic nic e capriole nell’erba. Non la finiva più di parlare. Certo era abbastanza snervante sentire la sua vocina senza alcuna pausa ma, quanto c’è di più bello dell’emozione di un bambino? Dei sui racconti pieni di felicità, sentire le sue gesta, alcune delle quali inventate per catturare di più l’attenzione e nel sentire il suo moto d’orgoglio nell’aver fatto qualcosa da grande? Coraggioso per aver affrontato “un’avventura” per lui senza la presenza di un genitore? Nulla è più gratificante di questo. Parola di mamma.

Samantha Bucci

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