Loris Auto

Care mamme,

Volevo raccontarvi cosa mi sia capitato in un ordinario lunedì mattina di qualche settimana fa.
Erano le 7, suonata la sveglia mi sono trascinata fuori dal letto con la voglia di un bradipo. Dopo essermi preparata, ho apparecchiato la tavola per la colazione come ogni giorno.
Mio marito era già sveglio. Il piccolo di solito lo alzo dal letto circa tre quarti d’ora prima di portarlo a scuola. Ore 8.15 tutti pronti per uscire. Salutiamo il papà che, con il suo furgone stava andando ad affrontare un’altra giornata di lavoro.

Giunta alla macchina, dopo aver aperto il bagagliaio e poggiato all’interno tutto l’occorrente per l’asilo
(lenzuola per il lettino, cambio e tutto il resto come ogni lunedì) adagio il nanetto sul suo sedile e lui con la sua DOLCE vocina dice: “Mamma, mi allacci per favore?”
Non che io non lo faccia, anzi direi che sono un po’ fissata, ma quella sua richiesta mi aveva colta impreparata. Non mi aveva neanche dato il tempo di farlo sedere che già la sua innocente domanda celava in verità un’imposizione e al mio:” Un attimo tesoro” ha cominciato ad innervosirsi e lamentarsi.
Tempo di legare il mio fagotto di quasi 17 kg al suo sedile che ecco arrivare la sua seconda richiesta: “Mamma, ora mi
metti la canzone dell’uomo ragno…per favore?”

“Basta, era finita! Ora per tutto il tragitto non avremmo fatto altro che ascoltarla, riascoltarla e riascoltarla.

Per fortuna quella degli 883 è anche una canzone piacevole e piena di ricordi per me ma ammettiamolo, a lungo andare qualsiasi canzone dopo la 10 volta di seguito comincia a diventare stucchevole quasi da provar piacere solo a pensare di lanciare il cd dal finestrino. Si sa, i bambini vanno un po’ a periodi. Ogni 6 mesi hanno un nuovo eroe.

Per lui era la volta di SPAIDEMMEN (come lo chiama lui). Il mio piccolo era legato, io altrettanto e la musica si era ormai propagata per tutto l’abitacolo, pronti per partire insomma. Direzione scuola materna. Lui finalmente avrebbe giocato coi suoi amici ed io ero ad un passo dalla “libertà”.
Destra, sinistra, destra. Quanti metri avrò fatto? Duecento metri scarsi probabilmente e in una banale rotonda, di un paesino bucolico di neanche 6.000 abitanti, ho inchiodato per evitare di entrare nella portiera di un’auto che si era fiondata senza rispettare la precedenza. Non andavo di certo veloce ma la frenata era stata molto brusca e la prima cosa che ho fatto d’istinto era verificare che il piccolo stesse bene. Lui mi ha guardata per poi dirmi, con tono di stupore: “mamma mia che frenata!”Il suo visino era rilassato, stava bene e quelle sue parole mi avevano tranquillizzata.

Continuo a pensare che, se non l’avessi legato malgrado stessi guidando pianissimo, avrebbe potuto farsi davvero male sbattendo contro il sedile davanti a lui. Non c’è da scherzare, non ci sono “pochi metri” che giustifichino il non legare il bambino, anche se il tragitto può sembrar breve e non trafficato, perché non si può mai sapere. Quante probabilità ci sono d’inchiodare in un paesino di campagna, con pochi abitanti e in un’ora che non è propriamente di punta? Pensate allora in una grande città! Vale davvero la pena rischiare l’incolumità del proprio figlio per non perdere quei due minuti di tempo a legarlo? Per non sentirlo piangere perché non vuole essere legato, perché siete in ritardo o semplicemente perché non ne avete voglia? Per esperienza personale posso dirvi che non ne vale la pena. Lasciate stare che io lo legherei anche per fare solo la retromarcia per parcheggiare da un metro all’altro, il tempo speso per il proprio figlio, per la sua sicurezza, è tempo ben speso. Ogni tanto ripenso alle sue parole: “Mamma, mi leghi per favore?”.

I nostri figli sanno essere molto più responsabili di noi genitori.

Samantha Bucci

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