Una mamma racconta – Il rientro a scuola dopo le vacanze
La magia del Natale si è conclusa ed è stata riposta nuovamente in cantina con albero, presepe e addobbi, fino al prossimo dicembre e al suo posto si sono riaperti i cancelli delle scuole.
Mio figlio ha 4 anni e da sempre è stato un ghiro e di questo certo non mi sono mai lamentata ma questi giorni di festa, tra un impegno familiare e l’altro, hanno modificato un po’ troppo le sue abitudini e i suoi orari. Se prima riuscivo a metterlo a letto alle 21.30 massimo 22, ora è diventata una tragedia. Dopo 4 fiabe, 3 filastrocche e 5 ninna nanna non accenna alla minima resa. Occhi sgranati e sorriso beffardo mentre io già mi vedevo tra le braccia di Morfeo.
Dovevo trovare una soluzione e purtroppo il mio: “Tesoro, domani si torna a scuola”, pronunciato a denti stretti ma col sorriso, non era più efficace. Cambiare tattica era essenziale. La cosa migliore era quella di convincerlo più che obbligarlo, così ho chiesto aiuto a mio marito. Nostro figlio ama la competizione, purché vinca, e noi ogni tanto glielo concediamo, purché si riesca a raggiungere il nostro obiettivo.
Ho cominciato a dire: “vediamo chi fa prima a prepararsi per andare a letto….” proseguendo con un “Su forza! Altrimenti papà vince”. Così per lavare i denti, fare pipì, mettersi il pigiama e tutto il resto sono stati impiegati i normali 20 minuti invece delle solite 3 ore delle ultime due settimane.
Il problema però era farlo addormentare. Il ruolo del papà era a questo punto indispensabile, doveva attirarlo sul lettone, ma come? La scusa della caccia al tesoro sotto le coperte era perfetta e dava a me il tempo di prepararmi e sistemare casa: giocattoli da riordinare, lavastoviglie da preparare, piano cottura da pulire e via dicendo. Viva le mamme multitasking.
Finalmente dopo mezz’ora riesco a raggiungerli dando il cambio a mio marito. Scelgo una fiaba, ma la sua condizione era che ci fosse almeno presente un lupo o una strega cattiva, cappuccetto rosso andava benissimo. Aspettiamo il papà di rientro dal bagno ma prima di cominciare la lettura gli ricordiamo la regola del: una fiaba, una canzoncina e poi nel lettino.
Fortunatamente non ha mai avuto nessun rifiuto nel dormire nel suo lettino. Lui stesso, a due anni, mi ha chiesto di non essere tenuto in braccio e cullato. Ammetto d’esserci rimasta male, adoravo stringerlo a me, baciargli la fronte e sentire il suo respiro mentre dormiva. Da quella semplice richiesta avevo ormai capito che mi stava sfuggendo dalle mani, che stava crescendo fin troppo velocemente. Ora pesa ben 16 kg e lo ringrazio, non credo che sarei in grado di reggerlo per tutta la durata di fiabe, filastrocche o canzoncine.
Mentre eravamo tutti e tre sul lettone una mia piccola preoccupazione si era fatta strada. Come avrebbe reagito l’indomani mattina davanti alla scuola? Avevo il timore che dopo tutto quel tempo passato a casa non avesse più voglia di tornare, tramortito da parenti, pranzi e cene. Gli chiesi se era contento di tornarci e il suo “Yuppiiii!!!” mi ha dato il sollievo sperato, era entusiasta. Non vedeva l’ora di andare. Doveva raccontare ai suoi compagni di classe che Babbo Natale in persona gli aveva consegnato i regali, che al gioco della tombola passava i numeri al nonno, che aveva aiutato la zia a preparare la crema al mascarpone per il pandoro, dell’enorme presepe a casa dei nonni e delle canzoni che cantavamo tutti assieme. Erano troppe le cose che doveva raccontare ed era felicissimo di tornare a scuola per riabbracciare le sue maestre e giocare con i suoi compagni di classe. L’unica sera che si addormentò da solo, sfinito dalla troppa euforia, fu proprio quella.
Nei giorni successivi invece, una sera a mezzanotte e mezza, un’altra a mezzanotte e l’altra ancora alle 23.30. Solo dopo alcuni giorni finalmente è ritornato al suo solito orario.
E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta e noi ci siamo “riappropriati” finalmente di qualche ora di silenzio.
di S.B.Allieri
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